domenica 25 agosto 2013

La Truzzeide- cap.6: L'horror vacui e la Guerra Musicale 2.0

I Truzzi temono il silenzio, come i vampiri la luce.
Se sono costretti ad esporsi al silenzio, si riducono a un mucchietto di cenere, perciò, quando l’orario e la fisiologia lo impongono, credo che si rifugino in apposite bare, all’interno delle quali vengono diffusi rumori di ogni tipo, possibilmente molesti.
Qualsiasi attività svolgano durante il giorno - e anche buona parte della notte- fanno un baccano del diavolo.
Se sono in due, gridano tra loro, spesso accompagnati anche attrezzi di varia natura; se sono da soli, commentano ad altissima voce ogni gesto, come se fossero in presenza di un interlocutore immaginario, molto sordo; se sono in gruppo, gareggiano a chi strepita di più.
Quando il loro frastuono è frutto della sola voce, è sempre ridondante rispetto al messaggio che intendono scambiarsi, in quanto condito con versi animaleschi, sguaiati e insensati, la cui funzione probabilmente è rafforzativa, o forse fa parte di un rituale sessuale, o mira a stabilire ruoli e gerarchie tra truzzi adulti e cuccioli di truzzo.
Per una sorta di horror vacui, non sono in grado di compiere alcun gesto senza vociare, pena la paralisi, ma al contempo solo una percentuale irrilevante di ciò che dicono ha una logica, trova un corrispettivo nel contesto o può risultare di qualsivoglia interesse per chiunque non sia truzzo, e di quel livello di truzzità.
Un truzzo meno truzzo dei Truzzi, infatti, ogni tanto verrebbe attraversato da quell’ineffabile raggio di luce che lo porterebbe a una pausa di riflessione, mentre per i Truzzi ciò non avviene mai.
Ogni attività che i più compiono in modo civile, diventa per i Truzzi occasione per fare rumore, indipendentemente dall’orario e dalla presenza di esseri umani e/o animali. 
Devono gonfiare un canotto alle due del pomeriggio? Lo fanno con un compressore. Arrivano con l’orribile utilitaria rosa nel cortile condominiale? Strombazzano, poi sbattono la portiera e infine emettono un ruggito di richiamo. Tutto così.
Quando le faccende quotidiane esauriscono il loro potenziale fragoroso, inventano pretesti, come montare un canestro in terrazza -per palleggiare a mezzanotte-, spostano dei mobiletti, o accendono il televisore su un canale di cartoni animati solo per invitare il Truzzino a guardarli, urlando anche se il piccolo si trova a pochi passi, oppure chiamano il povero Gianmaria/Skorpion/Pippo, che se ne guarda bene dal farsi vedere e se va scodinzolando nel silenzio dei giardinetti, o anche accendono il motore dell’auto  con la scusa di controllare qualcosa e lo lasciano acceso per mezzora.
Per non dire dei progetti d’avanguardia che il Truzzo realizza in garage, o delle periodiche grandi opere sulla terrazza, per le quali trapano e fresatrice si mettono in moto sempre durante i miei tentativi di pennica pomeridiana, o dopo cena, al buio, offrendo così ulteriore pretesto al Truzzo di gridare ordini alla Truzza che gli regge la luce a sua volta urlando consigli idioti, ai quali lui reagisce con obiezioni altrettanto idiote, per finire in risate e versi primitivi.
Sono sempre indaffaratissimi e certamente insonni.
Nel corso degli anni, ad ogni successiva primavera, la terrazza ha visto un’escalation di opere, strutture e innovazioni varie, perciò se il primo anno hanno messo radici sulla mia tolleranza, nel tempo si sono sempre più allargati, fino ad arrivare a questa estate, durante la quale mi hanno letteralmente logorato i nervi.
Sono arrivata ad un tale limite di sopportazione, che ho iniziato a reagire.
Loro fanno casino, io metto la musica a volume altissimo, cercando di scegliere quanto a mio parere possa risultare più fastidioso per loro in quel preciso momento.
Ieri sera, per esempio, avevano amici truzzi a cena.
Hanno messo su una grigliata, il cui fumo grasso è entrato tutto nella mia camera da letto. Hanno un barbecue mal funzionante e il Truzzo come fochista è negato. Lambiccavano da metà pomeriggio, strillando come aquile.
Ho cominciato con un gruppo post rock parecchio cupo, per sondare il terreno. Ho alzato il volume, ma non ci sono state reazioni apprezzabili.
Allora ho pensato a cosa avrebbe potuto affossare una grigliata con amici in terrazza e sono passata prima a un trip hop abbastanza triste, poi al misticismo new age dei Popol Vuh, infine ai Carmina Burana di Orff.
Si sono spostati dalla parte opposta della casa.
Oggi ho pensato che nel primo pomeriggio ci potesse stare bene Rachmaninov, seguito dai Joy Division per merenda: alle cinque del pomeriggio sono usciti.
Sono rientrati giusto all’ora di cena e hanno preso a usare un attrezzo che fa il rumore di un rasoio elettrico amplificato, allora sono passata dalle delicate ballate dei Giant Sand, al post-punk dei Dream Syndicate, per lasciarli soli con i deliri di John Zorn e Masada String Trio mentre io sono andata a cenare.
Se solo provano ad accendere il televisore sotto l’orrido gazebo, sono pronta con la discografia completa di Frank Zappa o, a mali estremi, Captain Beefheart. 
Ho munizioni per una guerra lunga e snervante, possiedo armi di ogni genere, dal minimalismo elettronico, ai canti dei nativi americani, alla lirica, alla classica fino al free jazz, passando attraverso tutte le declinazioni di cinquant’anni di rock.
Posso sfoderare Janis Joplin come la Tebaldi, gli AC/DC come musica da meditazione indiana, Springsteen come le canzoni della rivoluzione cubana, i Ramones come Antony and The Johnsons, Brian Eno come i cori delle mondine.
Se sarò costretta, sposterò le casse più vicine alla finestra, disponendole in modo che la musica arrivi più direttamente nel cortile condominiale.
Per ogni attrezzo che metteranno in funzione, creerò una playlist schizoide, per ogni cena che organizzeranno in terrazza, farò risuonare musica sempre più struggente.

Li ucciderò, di immeritata bellezza, ma li ucciderò.

-continua-

<Trattandosi di opera di fantasia, ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale>