venerdì 22 marzo 2013

Arnaldo Biserani pittore: un contributo


Il 19 marzo 1963, per un tragico incidente nello studio di Lucio Fontana, moriva il pittore e poeta Arnaldo Biserani (1905-1963) artista che con la sua opera segna un punto di svolta nelle avanguardie romagnole di metà del Novecento.

La giovinezza - Arnaldo Biserani nasce a Lugo di Romagna nel 1905, quarto dei sette figli di Severino Biserani e Argentina Bernabè.  
A otto anni perde la madre, che muore di parto nel dare alla luce il fratello Ultimo, ma viene cresciuto dalle amorevoli cure della sorella maggiore Adua (1899-1978), alla quale resterà legato tutta la vita e che costituirà un punto di riferimento costante di tutta la sua poetica.
Allo scoppio del primo conflitto mondiale si trasferisce presso lo zio Errico a Porto Corsini, dove prequenta l’oratorio della Parrocchia e dove Don Dante è il primo ad accorgersi della sua spiccata sensibilità poetica e pittorica. 
Il religioso insiste quindi perché il piccolo Arnaldo venga mandato in seminario per proseguire gli studi, ma il padre stenta a credere che quel ragazzino allegro e incline alla burla possieda uno speciale talento. Sarà proprio Adua a convincere Severino Biserani a lasciare che Arnaldo si rechi a Cervia, presso il convitto dei Padri Scolòpi, dove resterà fino a due anni dopo la fine della Grande Guerra. 

Gli esordi artistici - Dal 1926, nonostante abbia iniziato a lavorare presso la piccola azienda ittica di famiglia, il Biserani frequenta alcuni coetanei della zona, con i quali forma quello che in seguito verrà chiamato “Il cenacolo di Porto Corsini”, gruppo di giovani con velleità artistiche che ruota intorno a Torcuato Sòlas, eclettico pittore, scultore e incisore aperto alle nuove correnti artistiche europee. Frequenta per qualche mese anche Eros Amadori e il circolo della cosiddetta Scuola di Brisighella, che abbandona per contrasti artistici con gli ideali futuristi e avicoli di quell’ambiente intellettuale. 
É in questo contesto che il Biserani conosce Dello Feltraro (Cervia, 1909-1992), con il quale instaura una profonda amicizia e un importante sodalizio artistico, che durerà più di un ventennio. 
É proprio insieme a Dello Feltraro che il Biserani ha occasione di conoscere Attila Frustalupi, ristoratore, critico e mecenate, che in seguito curerà tutte le mostre dei due e la commercializzazione delle loro opere.
Frustalupi riconosce il talento dei due giovani artisti romagnoli quando nota una loro opera, un trompe l'œil sulla parete in fondo a una sala del Ristorante “da Romano Al Pescatore” a Casal Borsetti, raffigurante una marina estiva in un giorno di garbino.
Gli anni che seguono sono quindi determinanti per la formazione della sensibilità del Biserani: attraverso la guida artistica e le conoscenze di Sòlas - e sostenuto economicamente da Frustalupi che acquista tutti i suoi dipinti, benché ancora acerbi in confronto ai capolavori che realizzerà in seguito - Arnaldo Biserani può avvicinarsi all’opera dei maggiori esponenti della pittura europea dell’Ottocento e Novecento.

Il carattere e la tragica fine - L’uomo Biserani, così come lo ricordano la sorella Adua e gli amici, era dotato di un carattere allegro e portato alla burla.
Il suo umore si rabbuiava solo se alle dodici e mezza non era ancora pronto in tavola.
La sua risata era inconfondibile e contagiosa, ma molti colleghi lo detestavano proprio per questa indole semplice e giocosa e per i suoi scherzi, di cui spesso erano vittime.
Il gusto per gli scherzi, del resto, gli costò la vita. 
In visita nello studio del collega Lucio Fontana, si nascose dietro una tela con l'intento di farlo spaventare, proprio mentre il maestro la colpiva con una lama affilatissima per uno dei suoi famosi tagli.
La testa di Arnaldo Biserani rotolò, mentre in suo robusto corpo ormai senza vita si accasciò davanti a un impassibile Fontana.

Le opere principali -  Arnaldo Biserani lascia un centinaio di dipinti, tra tele e affreschi. Le sue opere fanno parte principalmente di collezioni private, in particolare della trattoria “Il Vascello” di Cesenatico, dei ristoranti “Il Rombo da Luigi” a Cervia e il già menzionato “da Romano al Pescatore” di Casal Borsetti, oltre ad alcuni capolavori esposti all’Art Museum e al Museo delle Terme del Beato Alessio di Riccione e alla ricchissima raccolta di Frustalupi.
Agli eredi Biserani resta invece prezioso materiale bibliografico: lettere, appunti, taccuini di poesie, schizzi e alcuni disegni di studio per le tele a olio.
Nel 2013, per il cinquantennale dalla morte dell’artista, è stata organizzata a Lugo, sua città natale, una retrospettiva che vede esposte settantacinque delle centosei opere a lui attribuite, tra le quali i celebri dipinti "Mio zio Luganega" (1935), "Natura morta con piadina" (1941), "E pèss” (il pesce, 1945) e  "La solitudine della salsiccia" (1954).

Arnaldo Biserani pittore
La vicenda pittorica di Arnaldo Biserani si snoda attraverso varie fasi, durante le quali l’artista romagnolo sperimenta tecniche e suggestioni di provenienze assai diverse, alla ricerca di un linguaggio che possa sintetizzare il suo obiettivo comunicativo: un’Arte in grado di mediare la tendenza umana verso l’assoluto, ma fruibile e assimilabile nell’immediato da chiunque.
Tutto il suo percorso umano e stilistico volge alla semplificazione dell’impatto visivo del quadro, considerato mero mezzo significante, spogliato di un suo valore in sé, ma nobilitato dalla percezione di chi ne fruisce e dalle emozioni che ne scaturiscono.
É quindi evidente che in questo contesto i primi passi dell’artista muovono nell’ambito degli Impressionisti prima, e della Scuola Francese poi, movimenti  verso la cui estetica il Biserani sente una forte attrazione, e che resteranno alla base dell’ispirazione e della tecnica della sua opera, soprattutto nell’uso della pennellata frequente e nervosa, talvolta al limite del puntinismo, pur con tratti di esasperata modernità.
Di questa fase, che dura fino ai primi anni Quaranta, il primo esempio veramente significativo è rappresentato dal cosiddetto “Trittico dei Pierrò”, costituto da tre olii su tela che gli furono commissionati dalla trattoria “da Romano, al Pescatore” di Casal Borsetti nel 1930, e che ancora fanno parte di questa ricca collezione.

"Pierrò triste", 1930 olio su tela, 
collezione trattoria "da Romano, al Pescatore" Casal Borsetti
"Pierrò allegro", 1930, olio su tela,
collezione privata  trattoria "da Romano, al Pescatore" Casal Borsetti
"Pierrò così così", 1930, olio su tela,
collezione privata trattoria "da Romano, al Pescatore" Casal Borsetti




Per tutto questo periodo l’artista di riferimento del Biserani è principalmente Renoir, del quale il pittore romagnolo condivide la predilezione per la saturazione del colore e i giochi di luce, ma anche nella rappresentazione di temi popolari sono evidenti i punti in comune con il Maestro francese.
E’ proprio nello sperimentare il colore che l’artista di Lugo mette a punto quello che per lungo tempo sarà una sorta di firma delle sue opere: il rosso Biserani, che compare sempre nei suoi quadri e che solo nelle ultime fasi della carriera verrà stemperato in tinte più tenui. 
Questo punto di rosso, pare fosse ottenuto mescolando Salsa Rubra e carminio, mantenuti stabili da un fissatore per baffi e capelli.
Va notato, tuttavia, che nelle opere del Biserani, a differenza di quelle di Renoir, il nudo compare una sola volta, in un dipinto del 1934. Il pittore romagnolo, infatti, aveva fama di grande tombeur de femmes  e dopo la prima esperienza con la modella Nives Biancacci, che fu sua amante fino al 1937, nessuna fu più disposta a posare per lui, neppure la stessa Nives durante la loro burrascosa relazione.

"Nives nell'alba rossa", 1934
tecnica mista
collezione Eredi Biancacci
"Mio zio Luganega", 1935
 tecnica mista,
collezione privata Attila Frustalupi

Questo primo periodo termina però bruscamente nel 1942, con due opere dello stesso anno, che testimoniano il travaglio stilistico del Biserani e preludono alla svolta naturalistica dei suoi temi. 
Da quel momento in poi in nessun quadro compariranno figure umane.
Interpellato dal suo amico e mecenate Attila Frustalupi sui motivi di questa scelta, il Biserani ebbe a dire: “M’sàn stufè: pintèr di òmmen, l'è coma e' càn ad Zaraben che baja a la lona cardend che sia pijda” (Mi sono stancato: dipingere gli uomini è come il cane di Zarabino che abbaia alla luna credendo che sia una piadina). 
L’artista si riferiva certamente al fatto che dipingere esseri umani è sforzo vano, perché non sarà mai possibile cogliere la loro reale essenza.
Resta il fatto che le due tele del 1942, conservate al Riccione Art Museum, sono considerate tra i massimi capolavori del pittore romagnolo. 
Lo stile raffinatamente approssimativo, dai forti contrasti di colore, dalle forme umane appena abbozzate e sproporzionate, si manifesta paradigmaticamente nella "Spiaggia", mentre in “Colazione nel giardino dei Ravaioli” ancora una volta è il dettaglio rosso che ci mostra quanto il Biserani trasfondesse la sua indole allegra e passionale anche in una pittura per molti aspetti malinconica.

"Colazione nel giardino dei Ravaioli", 1942,
olio su tela
Riccione Art Museum 
"Spiaggia", 1942, olio su tela
Riccione Art Museum

Nel 1943 Arnaldo Biserani incontra Balla e Boccioni, dei quali già stava studiando le opere da tempo, restandone affascinato. 
I due maestri del Futurismo avevano già avuto modo di apprezzare alcuni lavori del giovane collega romagnolo, che avevano visto esposti a Porto Garibaldi nella Friggitoria “Zia Rina” e avevano intuito in “Mio zio Luganega” un esempio di quelle sequenze fotogrammetriche tanto care a Giacomo Balla. Entrambi consideravano il Biserani un artista molto promettente.
Da questo incontro scaturiscono alcune opere che mettono a punto il linguaggio che Biserani userà nella sua pittura fino alla morte, definendosi  pienamente tuttavia solo dopo l’incontro con De Chirico quasi cinque anni  dopo.
Questi sono anni di grande creatività, di ricerca di nuove tecniche e di sperimentazione, ma sono soprattutto gli anni durante i quali il Biserani si avvicina definitivamente ai soggetti gastronomici che maggiormente gli sono cari in poesia.
Il Biserani infatti vede nel cibo la reificazione delle aspirazioni e dei tormenti più profondi dell’animo umano, simbolo introiettabile, quindi allo stesso tempo  non-simbolo o simbolismo-negato, dotato di natura ultrareale, in grado cioè di andare oltre la dicotomia corpo-spirito che affligge i suoi contemporanei, e che neanche il positivismo futurista riuscirà a superare, pur nel suo strutturale dinamismo.
Nel bellissimo “Natura morta con piadina” del 1943, già i germi del cambiamento si intravedono, soprattutto nell’uso della pittura su vetro, che nell’esperimento del Biserani doveva servire come espediente per conferire al dipinto profondità e movimento. 

"Natura morta con piadina", 1943
smalto su vetro
collezione privata trattoria "Il Vascello" Cesenatico

Tuttavia l’artista non è più soddisfatto dell’impasto di colore che ancora resta il medesimo dei lavori precedenti e mal si sposa ad un linguaggio rinnovato.
A questo seguono molti dipinti interessanti, tra i quali voglio ricordare “Lombata invernale” e “Pane e friggione”, entrambi del 1944, facenti parte della collezione privata di Demetrio Malavasi. 
Dal 1945 inizia gli studi per la serie dei Rombi, che si apre con il famoso “E pèss” (Il pesce, 1945) un bozzetto eseguito con la sanguigna su carta presso il ristorante “Il Rombo da Luigi” di Cervia. 

"E Pèss" (Il pesce), 1945
sanguigna su carta da frittura
collezione privata ristorante "Il Rombo da Luigi" Cervia

Tra il ’45 e il ’53  Biserani si dedicherà quasi esclusivamente a dipingere rombi, utilizzando varie tecniche ed eseguendo decine di studi sulla fisionomia di questo gustoso pesce di cui è ricco l’Adriatico, ma nel frattempo conoscerà anche Giorgio De Chirico, destinato a diventare suo maestro.


"Rombo in grisaglia", 1948
carboncino su tovagliolo
collezione privata ristorante "Il Rombo da Luigi" Cervia
"Rombo in giallo", 1949
pastello su carta da frittura
collezione privata ristorante "Il Rombo da Luigi" Cervia
"Rombo nella notte marina", 1951
acquerello
collezione privata ristorante "Il Rombo da Luigi" Cervia


È dall’incontro con De Chirico che il Biserani introduce nei suoi dipinti una dimensione metafisica, che tuttavia perde lo straniamento proprio del Maestro, per acquisire nella sua opera la dimensione ultrarealista che gli è propria, solidamente ancorata cioè ad elementi del vivere quotidiano inseriti allo stesso tempo in un contesto in cui sono il vuoto e la luce a rappresentare il concetto di infinito e a testimoniare la distanza emotiva da esso dell’uomo comune.
Il desiderio quindi di non venir meno a quell’ingenua semplicità, a quel linguaggio diretto che costituisce cifra stilistica sia del Biserani pittore, sia del poeta, lo porta ad un rigore estremo nella ricerca dei temi e nei primi mesi del 1954 a una definitiva frattura con De Chirico, verso la cui opera spesso si pronuncerà in modo assai critico. ( “Potrò discutere con lui di pittura solo quando smetterà di dipingere attaccapanni, cià una testa còm una mazòla, al ’fe rid m’i pol, quàl patàca”, dirà ad Attila Frustalupi).
La summa della carriera artistica del Biserani è rappresentata proprio da un dipinto del 1954, universalmente riconosciuto come il suo massimo capolavoro: “La solitudine della salsiccia”, olio su tela, collezione della trattoria “Il Vascello” di Cesenatico.

"La solitudine della salsiccia", 1954
olio su tela
collezione privata trattoria "Il Vascello" Cesenatico

In quest’opera, dietro l’apparente nichilismo del soggetto inanimato, è ancora una volta la luce a testimoniare che invece un’anima esiste, ma è natura stessa della carne: oltre a quella salsiccia, sospesa in un vuoto senza riferimenti di spazio e tempo, altro dunque non c’è.
La salsiccia assurge così a valore universale, ultrareale e al contempo assoluto.
Farà un’operazione simile anche nei bellissimi “Notturno con Cagnina“ del 1957 e “Frittura mista” del 1960, esposti al Museo delle Terme del Beato Alessio di Riccione, senza tuttavia riuscire ad eguagliare l’essenziale perfezione del dipinto del ’54. 

"Notturno con Cagnina", 1957
olio su tela
Museo delle Terme
Riccione
"Frittura mista", 1960, olio su tela
Museo delle Terme
Riccione
       
Negli ultimi tre anni prima della morte riprende gli studi sui rombi, che lo accompagneranno ossessivamente fino ai suoi ultimi giorni.


"Rombo con patate", 1961
pastelli di cera su tovagliolo
collezione privata Demetrio Malavasi
"Il tragico destino del rombo", 1961
acquerello su carta da tavola
collezione privata ristorante "da Romano, al Pescatore" Casal Borsetti
"Studio per la triangolazione del rombo", 1961
carboncino su carta da frittura
collezione privata friggitoria "da Dolfa"
Igea Marina




In molti lavori si assiste anche a una inedita contestualizzazione del rombo, negli ultimi dipinti addirittura coinvolto e stravolto in deformazioni geometriche, come ne “La quadratura del rombo” (1961) e "La cerchiatura del rombo riflesso" (1963), entrambi appartenenti alla collezione privata di Attila Frustalupi. 

"La quadratura del rombo", 1961
olio su tela
collezione privata Attila Frustalupi

"La cerchiatura del rombo riflesso", 1963
matita su carta da frittura
collezione privata Attila Frustalupi

Con queste due opere il Biserani lancia un inclemente j’accuse verso l’esigenza dei suoi contemporanei di trascendere l’estetica a favore dell’effetto emotivo  prodotto dall’opera d’Arte, condotta che l’artista romagnolo considera ambigua e fuorviante.
Sono i suoi ultimi quadri, che a una lettura a posteriori ci appaiono ancora più emblematici.
Quando il critico Ennio Sperindìo gli chiese il perché del rombo, il Biserani rispose lapidario: "E ròmb l'è un pèss che no rènd" (il rombo è un pesce che non rende) alludendo alla quantità di scarto prodotto per sfilettarlo. 
In questa consapevolezza, la sintesi della filosofia pittorica dell'ultimo Biserani, tutta la disillusione di fronte al desiderio che si scontra con l'ultrarealtà metafisica dell'esperienza.

Bibliografia:

Bruno Capello-Franco Piccione "La pittura romagnola del Novecento" Ed. d’Arte Aldo Paletta, Cesena, 2001, pagg. 303-527

Attila Frustalupi "Arnaldo Biserani, l’amico, il pittore, il poeta: un ricordo" Ed. Nuove Tendenze, Faenza, 1974

Milena Tartaglia "Il Biserani e l’estetica del rombo: geometrismi" Ed. d’Arte Aldo Paletta, Cesena, 1996

Demetrio Malavasi-Franco Piccione "L’ultrarealtà metafisica nella poetica del Biserani" Ed. d’Arte Aldo Paletta, Cesena, 1985

"Lo scherzo fatale: Biserani e i suoi contemporanei" a cura di Gianni Lugaresi su FMR, Milano, anno XXI, n.150, febbraio-marzo 2002

Guida Michelin Italia, 1952-2012

Un sentito ringraziamento alla Fondazione Attila Frustalupi per la ricchezza del materiale iconografico messo a disposizione per questo breve saggio.

Per chi desiderasse approfondire la conoscenza del Biserani poeta, raccomando l'illuminante saggio dell'amico e collega Marco Fulvio Barozzi su Popinga, che esce in contemporanea con questo articolo



1 commento:

  1. Dicono che anche a Comacchio c'è un quadro di Biserani che ritrae un'anguilla. Bisogna controllare.

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